IL SALUTO NEGATO
Devo dire che in genere mi viene
attribuita una certa pazienza e/o
clemenza nei confronti degli altrui
comportamenti, e mi riferisco
ovviamente a quelli un po’ troppo
esuberanti e/o provocatori. Non so se
questo corrisponda al vero (o se forse sia
più che altro una sorta di deformazione
professionale), certo è che, per contro,
sono particolarmente insofferente ed
intollerante verso le persone che - ed è
l’argomento del quale parliamo oggi -
negano il proprio saluto.
In termini psicologici (e qui tutto è
ovviamente trattato sotto questa lente),
mi interessa poco il fatto che questa sia
una manifestazione di evidente
maleducazione: a me interessa invece
sottolineare con voi i significati sociali di
questo gesto così quotidiano e così
importante.
Partiamo da un concetto di base
imprescindibile: salutare qualcuno, con il
quale ci si imbatte, vuol dire
fondamentalmente riconoscergli una
identità. E’ un po’ come dire “Tu, per
me, esisti; hai un nome, un cognome e
un ruolo nella mia vita… ed anche se non
dovessi sapere come ti chiami, ti
conoscessi solo di vista o qualcuno mi
avesse semplicemente parlato di te,
questo è bastato per aver occupato un
piccolo spazio nella mia rubrica
personale di contatti”.
Questa definizione, che ognuno di noi ha
intrinsecamente in testa, anche se
probabilmente non ci si è mai soffermato
in maniera così molecolare, è
fondamentale per consentirci di
interpretare correttamente ciò che poi
accade nella realtà di tutti i giorni e
quindi per formarci anche una opinione e
un giudizio sul comportamento del
prossimo. Sì, perché, se è vero ciò che
abbiamo appena sostenuto, coloro che ci
negano il loro saluto, in realtà CI
STANNO NEGANDO UNA IDENTITA'!
In altre parole, vogliono farci sapere che
noi - per loro - non esistiamo! E non mi
riferisco a quei soggetti che non ci
salutano perché disattenti, persi nei loro
pensieri, particolarmente timidi,
palesemente impegnati in altro, ecc.:
No...! Parlo di quegli irriducibili che
quando li incontri, li saluti, e loro o
abbassano la testa o la girano (i più
prepotenti continuano addirittura a
guardarti) e… NON RISPONDONO al
saluto!
Come si capisce facilmente, questa è una
presa di posizione che, in assenza di
motivi più che solidi, è particolarmente
grave e che personalmente non mi sento
di giustificare mai. Anzi, vi confesso che
il disappunto per questa scortesia,
evitabile con poco sforzo (non è il
massimo, ma mi accontenterei anche di
un saluto poco sentito!) mi irrita molto!
Certo, il tema del saluto, purtroppo non
si esaurisce solo con il fatto che venga o
non venga corrisposto. Esistono una serie
di convenzioni sociali e culturali che si
sono stratificate nel tempo e che
determinano il copione e le regole di
come ci si saluta. Non sono regole scritte
e/o necessariamente apprese
formalmente, ma tutti le conosciamo (e
quasi tutti, nella maggior parte dei casi,
le adottiamo).
Ne citiamo almeno due, premettendo
che in questo caso la cultura di
appartenenza svolge una importante
influenza, tanto che basta già
allontanarsi di una regione (se non di una
provincia) per trovare usi e costumi più o
meno sensibilmente differenti:
1.
Salutare per primi è un gesto di
deferenza: la persona meno
importante e/o più giovane tra le due
(assegnando d’ufficio all’anzianità
una sorta di “senority”) deve essere
la prima a salutare (es. l’impiegato
col proprio capo).
2.
Salutare con maggiore
entusiasmo/vigore è segno di
opportunità: la persona che, tra le
due, ha maggiore “bisogno” dell’altra
(in tutte le accezioni che vogliamo
dare a questo termine), deve mettere
più entusiasmo nel saluto (es. il
paziente col proprio medico)
Ecco, anche rispetto a queste pseudo-
regole ci sarebbe parecchio da dire… Il
rischio infatti è quello di restare
ingabbiati in un cliché, che ci piove
dall’alto, al quale pensiamo di doverci
per forza uniformare e che invece
applicato empiricamente non è né
produttivo né utile. Pensiamo ad esempio
che bel segnale arriverebbe da un
responsabile di un ufficio che saluta con
entusiasmo un proprio collaboratore… O
un anziano che per primo saluta un
gruppo di ragazzini… Se l’intento è
autentico, perché soffocarlo in nome di
un non meglio identificato codice
comportamentale? In conclusione, il
saluto è connaturato alla nostra
condizione di animali sociali, ed è il
biglietto da visita che anticipa tutte le
nostre interazioni (la buona educazione
ci dice che si parte sempre da lì, no?)
agevolandole o spesso
compromettendole sul nascere.
Tutto questo è già di per sé sufficiente
per riporre più consapevolezza e più
valore in questo gesto che, come
dicevano saggiamente i nostri nonni
“…ancora non si paga”!!!
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