ANORESSIA E BULIMIA
VITTIME NON SOLO LE ADOLESCENTI.
COLPITE ANCHE LE OVER 40
Le convinzioni sul fatto che anoressia e
bulimia siano disturbi specificatamente
legati ad una fascia di età molto giovane
sembrano essere messe fortemente in
dubbio. Infatti un recente studio
dell’University College di Londra e
della Icahn School of Medicine di New
York dimostra che anche soggetti in
età adulta, tra i 40 e i 50 anni, possono
essere colpiti da queste patologie. Dalle
5.300 donne di mezza età intervistate,
emerge che ad innescarli sarebbero
primariamente lo choc di un divorzio,
gravi delusioni lavorative, un lutto grave.
Come detto, si pensava che a questa età
le donne avessero superato la «finestra
di rischio» per i disturbi alimentari, che
in genere sono con più frequenza
associati all’età adolescenziale, ma la
ricerca evidenzia invece come
cambiamenti improvvisi e stressanti
possono scatenare disturbi alimentari in
persone con una predisposizione
biologica o genetica a queste patologie.
È emerso inoltre che le donne sui
quaranta anni erano più a rischio
bulimia se da bambine hanno vissuto
mancanza di affetto da parte della
madre. Al contrario, un buon rapporto
madre-figlia è associato a una riduzione
del 20 per cento del rischio di sviluppare
la bulimia. La morte di un genitore nel
corso dell’infanzia aumenta infine di
sette volte il rischio di sviluppare
disordini alimentari.
Questo studio anglo americano è il primo
che indaga la problematica in donne tra i
40 e i 50 anni. I risultati sono stati
pubblicati sulla rivista BCM Medicine.
L’autrice principale dello studio, la
dottoressa Nadia Micali ha spiegato: «I
disturbi alimentari possono essere
scatenati da una serie di eventi
traumatici e il divorzio è certamente un
evento stressante. Spesso offrono in
silenzio perché non sanno che altre sono
nella stessa condizione. Molte delle
donne che hanno preso parte a questo
studio ci hanno raccontato che questa
era la prima volta che parlavano della
difficoltà che avevano a mangiare».
La Bbc ha raccolto la testimonianza di
una donna, Julie Sprinks , 48 anni, che
non è stata direttamente coinvolta nello
studio ma inquadra molto bene la
problematica: «Ho sofferto di anoressia
per la prima volta quando avevo 44 anni.
Per me è stato un choc, sapevo che stavo
mangiando sempre meno, ma non avrei
mai pensato di diventare anoressica. Ero
infelice sul lavoro e avevo una bassa
autostima. Mi sentivo depressa e mi
sembrava che non valesse la pena
alimentarmi. Io volevo svanire». Julie,
dopo un collasso al lavoro , è stata
visitata e i medici le hanno diagnosticato
anoressia e depressione ed è andata in
terapia. È stata anche ricoverata in
ospedale perché il suo peso era diventato
pericolosamente basso, ma ora sta
meglio ha ripreso forma ed è
consapevole di quello che ha passato,
tanto da voler rendere la sua storia
pubblica.
Ma i disturbi alimentari in età adulta
sono davvero così rari? «Sono
certamente meno frequenti, in media
ogni 10 adolescenti con disturbi
alimentari ci sono due donne over 40,
delle quali una è anoressica cronica. I
casi sono più numerosi che in passato,
ma potrebbe essere un apparente
incremento perché con una popolazione
di medici di base più sensibile vengono
messe in evidenza situazioni che in
passato erano trascurate» - commenta
Stefano Erzegovesi, nutrizionista e
psichiatra, responsabile del Centro dei
disturbi alimentari dell’Ospedale San
Raffaele di Milano che conferma:
«L’esordio tardivo è in genere legato a
eventi stressati come grosse delusioni
d’amore, divorzi, lutti importanti o
problematiche di lavoro come possono
essere un licenziamento o un mancato
avanzamento di carriera. Si tratta in
genere di donne che nel loro passato
hanno avuto a che fare con un disturbo
alimentare sfumato, magari ben
mascherato come può essere una ragazza
molto attenta alla linea con un rigido
regime alimentare che per anni passa
inosservata».
Un disturbo latente, rimasto semi
nascosto per anni e che può dunque
esplodere per un evento stressante. «Il
disturbo alimentare in fase tardiva si
manifesta quasi sempre in forma
mediamente grave ed è molte volte
mascherato con una fissazione per
l’attività fisica (non solo palestra, ma
pulizie compulsive della casa) - aggiunge
Erzegovesi - e anche fare una diagnosi è
complesso perché molto più facilmente,
come è normale che sia perché sono altri
i fattori di rischio, si pensa alla
celiachia, a un’ulcera mentre i sospetti
di possibili disturbi alimentari su
un’adolescente sono chiaramente più
immediati. Le terapie sono le stesse, ma
curare un adulto è molto più complesso,
spesso non credono o non accettano la
diagnosi («mi ci hanno portato, ma non
credo che quello che ho sia un
problema» è la frase ricorrente), mentre
le adolescenti sono più ricettive agli
stimoli della malattia. Infine le donne
adulte non hanno le riserve di energie
delle più giovani e sono persone più
fragili ».
(fonte corriere.it)
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